Guerra, interessi e profitti: e al pianeta chi ci pensa?

Quando si parla di guerra difficilmente ci ritroviamo a parlare del suo impatto ambientale, essendo molto più evidenti la grave perdita di centinaia e migliaia di vite umane innocenti e le conseguenze socio-economiche, oltre che psicologiche di chi la vive direttamente o indirettamente.

Mettere in atto una guerra comporta un impiego di risorse spropositato: d’acqua, di suolo ma anche di metalli pesanti e di terre rare, il cui impiego comporterà, non solo effetti immediati, ma soprattutto nel lungo periodo per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, dato che non verranno smaltiti in modo corretto, e l’inquinamento dei vicini corsi d’acqua, e di conseguenza delle falde acquifere, che intrise di sostanze tossiche, diverranno non potabili. Effetti che andranno a pagare le successive generazioni degli abitanti dei luoghi coinvolti, come è successo nelle zone limitrofe il poligono del Salto di Quirra, nella provincia di Nuoro: essi non solo pian piano si sono visti diminuire le zone dove poter pescare e coltivare il suolo, a favore di zone da militarizzare, ma sono andati incontro al crescente aumento del numero d’incidenza di tumori causati dalle rimanenti polveri di uranio impoverito presenti in loco, tanto da coniare una nuova malattia detta “Sindrome di Quirra”.

Il consumo di suolo però inizia ben prima dell’effettivo scoppio della guerra, con le varie basi militari disseminate in ogni dove, nelle quali viene ignorato totalmente l’ecosistema circostante, le specie viventi animali e vegetali oltre che ai vicini campi coltivati e alle limitrofe aree boschive. Basti pensare alla locazione e all’estensione delle basi NATO in Italia come Camp Darby, in Toscana o Sigonella, in Sicilia. 

Altro aspetto da non sottovalutare è l’ingente consumo di risorse energetiche da fonti fossili, essendo già noi tutti a conoscenza dell’enorme impatto ambientale e climatico che deriva dall’impiego di tali fonti, rispetto a quelle di tipo rinnovabili. Oltre che utilizzarle nella produzione di armamenti bellici, essi servono anche per far muovere i mezzi militari come aerei, navi o carri armati: ad esempio un cacciabombardiere aereo può arrivare a consumare fino a 400 litri di carburante ogni 100 chilometri, immettendo nell’atmosfera 28.000 kg per ogni missione di volo.

Secondo il report, datato novembre 2022, svolto dal Conflict and environment observatory, l’impronta di carbonio rappresentata dalle operazioni militari mondiali è di circa il 5,5% delle emissioni globali: infatti se i militari del mondo fossero un paese, questa cifra significherebbe che hanno la quarta più grande impronta di carbonio nazionale nel mondo, maggiore di quella della Russia.

Nonostante tutto ciò, i vari governi italiani che si stanno succedendo non accennano a diminuire neanche di un centesimo l’enorme patrimonio stanziato annualmente in favore della produzione bellica, assecondando i desideri egemonici e unipolari degli Stati Uniti, della Nato e della succube Unione Europea, e tralasciando gli investimenti che sarebbero necessari a livello statale in ambiti come il lavoro, la sanità e la scuola, oltre che alla tanto sventolata transizione ecologica, che tale non è se si pensa anche solo una volta di tornare alle centrali a carbone, dopo il rincaro del gas naturale da parte della Federazione Russa. Il PNRR sarebbe potuta essere l’occasione buona per investire in reali cambiamenti sostenibili, invece che in marginali cambiamenti in vari ambiti, come è stato programmato, che non permetteranno di raggiungere gli obiettivi stabiliti nelle conferenze per il clima entro il 2030.

Ma così non può essere perché è lo stesso capitalismo che sistematicamente utilizza lo strumento della guerra per rigenerarsi e risolvere le proprie crisi di sovrapproduzione. Non può farne a meno, e cerca di lavarsi la coscienza con un finto interesse alle questioni della crisi climatica, tramite uno squallido greenwashing, ma un’alternativa c’è ed è ora più che mai urgente: in prima battuta è necessaria l’uscita immediata dell’Italia dalla Nato e il conseguente smantellamento delle loro basi in cui sono conservati, all’insaputa dei molti, anche ordigni nucleari, che porterebbero alla distruzione totale del nostro paese.  È così necessario ridare fiato ad una prospettiva societaria di tipo comunista, ribaltando l’attuale sistema socio-economico, per uno Stato che realmente agisca nel bene dei propri cittadini, che miri alla pace, che si rafforzi all’interno di un mondo multipolare e che investa per un futuro più vivibile e sostenibile. 

“Cessino gli egoismi, cessino gli egemonismi, cessino l’insensibilità, l’irresponsabilità e l’inganno. Domani sarà troppo tardi per fare ciò che avremmo dovuto fare molto tempo fa.” (Fidel Castro)