Lo spreco delle risorse: un’emergenza che riguarda tutti

A cura del Dipartimento Ambiente FGCI

Le risorse prodotte sarebbero sufficienti a sfamare quasi il doppio della popolazione mondiale. Tuttavia, una buona fetta della popolazione vive nella povertà e nella miseria. In Italia, secondo i dati dell’ISTAT, nel 2021, sono state contate quasi 2 milioni di famiglie in condizione di povertà assoluta. Secondo i dati dell’ONU, circa una persona su cinque nelle regioni in via di sviluppo vive con nemmeno 1,25 dollari al giorno, ovvero poco più di un euro, e circa il 10% della popolazione mondiale vive in povertà assoluta.


Com’è possibile questo? Il problema non è la mancanza di risorse a disposizione, ma il loro spreco. Infatti, secondo i dati della FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), circa un 14% del cibo prodotto in tutto il mondo va perso ogni anno; ciò, nel 2019, ha portato a una perdita di 400 miliardi di dollari. La causa è che le risorse sono mal distribuite: la maggior parte è gestita da poche multinazionali, che approfittano di ogni occasione per speculare sulle risorse e pensano solo ad aumentare il proprio capitale. Inoltre, ogni capitalista ha come unico obiettivo quello di aumentare il proprio profitto e per fare questo deve produrre sempre di più, all’infinito. Questo un principio è irrealizzabile in quanto le risorse disponibili sono limitate e non infinite.


E proprio su questo punto, ovvero produrre quanto più sia possibile, le multinazionali dell’alimentare sembrano aver trovato una soluzione “tappabuchi” alla fame e alla miseria, gli OGM, di cui in Italia è vietata la coltivazione ai fini commerciali, ma non l’importazione. Per OGM, acronimo di Organismi Geneticamente Modificati, ci si riferisce a degli organismi transgenici (ad oggi prevalentemente vegetali), ricavati attraverso una vasta serie di tecniche di laboratorio e non, con l’obiettivo di ottenere prodotti che soddisfino le necessità dei produttori, come la resistenza a condizioni atmosferiche in un ambiente ostile o a pesticidi. Tuttavia, nonostante il crescente “consenso scientifico” in base al quale gli OGM sarebbero sicuri e il loro consumo non porterebbe rischi alla salute umana, ci sono dei forti dubbi soprattutto per quanto riguarda l’aspetto politico, in quanto la maggior parte dei brevetti è detenuta da corporazioni e la produzione di OGM è eticamente discutibile. Perché l’essere umano dovrebbe sentirsi in diritto di cambiare il DNA di un altro essere vivente, che sia vegetale o animale? Inoltre, dal momento che le risorse e i prodotti ci sono, ma vengono dissipati e mal distribuiti, trovare modi per produrre sempre di più non può essere la strada giusta.


Un’altra “soluzione” è la carne coltivata, anche detta cibo sintetico, la cui produzione e commercializzazione è al momento vietata in Italia. Consiste nell’utilizzare «cellule staminali che in laboratorio vengono fatte differenziare per produrre muscolo. Sono cellule che hanno numero infinito di replicazioni», secondo le parole di Roberto Defez, dell’Istituto di Bioscienze e Biorisorse del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli. Sembrerebbe una buona soluzione: possiamo coltivare carne illimitata, avere cibo infinito. Tuttavia, il principio è lo stesso: se la tendenza è di buttarne via la metà se non di più e di ricavarne solo profitto e non benessere della popolazione, non è questa la giusta modalità di risoluzione del problema.

Nessuna delle due può essere una soluzione a lungo termine, perché il problema non è la mancanza di materie prime, che sono quasi il doppio di quelle necessarie, bensì chi le gestisce: sono le multinazionali a gestirle, che inducono l’opinione pubblica a pensare che non ce ne siano abbastanza per tutti, con il solo obiettivo di guadagnare di più. In questo, gli OGM e la carne coltivata hanno un ruolo fondamentale, perché appaiono come una soluzione innovativa, geniale, quando in realtà sono soltanto un altro mezzo per accontentare gli interessi di pochi, a discapito di molti.


Il concetto di produrre all’infinito, oltre ad essere una soluzione impraticabile, causa dei danni inutili e irreversibili all’ambiente. Infatti, il Food Waste Index Report dell’UNEP del 2021 stima che circa l’8-10% delle emissioni di gas sono dovute alla produzione di cibo che poi non viene consumato. Un decimo delle emissioni mondiali è causato dalla produzione di alimenti che sono stati buttati e, nonostante ciò, un decimo della popolazione mondiale vive in povertà.


La società in cui viviamo è basata su un sistema capitalista che sta letteralmente crollando su sé stesso e sta trascinando l’intera umanità con sé. Di conseguenza, il capitalismo deve essere combattuto e sradicato. Ma come? In questo ambito, urge una riduzione degli sprechi, non soltanto da parte dei singoli individui quanto – soprattutto – da parte dell’intero sistema di produzione, che lo Stato dovrebbe controllare attraverso una ridistribuzione delle risorse manovrata non dagli interessi delle multinazionali e dal profitto, ma dai bisogni dei cittadini. Per giungere a questo, sappiamo bene che vi è una strada sola, l’unica possibile, per la quale continuiamo la nostra lotta.